Quanti stipendi servivano nel 1960 per comprare un’auto? E oggi?
Il calcolo di quanto un’automobile sia alla portata di una famiglia a distanza di anni può essere effettuato comparando i prezzi e le retribuzioni nelle varie epoche. Se si utilizza come parametro lo stipendio di un insegnante, si scopre che le citycar erano più accessibili 64 anni fa. Al contrario, alcune auto di lusso permettono di risparmiare fino a due anni di stipendio
Come riferimento è stato utilizzato l’importo di uno stipendio netto di un insegnante del 1960, parametrato con quello attuale
Negli ultimi sessant’anni l’economia italiana ha subìto una trasformazione radicale che ha influenzato in modo significativo il potere d’acquisto e la capacità di accesso ai beni di consumo, come le automobili. Nel 1960 l’Italia era in pieno boom economico, con un Pil in crescita e una forte industrializzazione. Durante questo periodo l’acquisto di un’auto rappresentava uno degli obiettivi principali per molte famiglie italiane, simbolo di progresso e status sociale. Tuttavia, il costo di un’auto in relazione agli stipendi dell’epoca rifletteva una realtà economica ben diversa rispetto a quella odierna.
Rispetto al passato le utilitarie sono meno numerose nei listini di oggi
Potere di acquisto
Per fare un esempio, nel 1960 lo stipendio lordo medio mensile di un insegnante italiano si aggirava in una fascia da 70.000 a 80.000 lire, per un totale annuo di circa 840.000-960.000 lire. Questi stipendi, benché modesti, permettevano un discreto potere d’acquisto, soprattutto in un’epoca in cui i beni di consumo avevano un costo proporzionalmente inferiore rispetto agli standard attuali. Per comprendere meglio la comparazione tra il potere d’acquisto negli anni Sessanta e quello odierno, è fondamentale considerare non solo gli stipendi lordi, ma anche il livello di tassazione e il conseguente stipendio netto a disposizione dei lavoratori.
Le auto di piccole dimensioni sono state protagoniste indiscusse per diversi decenni, a partire dal 1960
Un fisco meno affamato
A quell’epoca l’Italia aveva un sistema fiscale meno complesso e meno oneroso rispetto a quello attuale. Le aliquote fiscali erano più basse e meno progressive rispetto a oggi. Per esempio, la tassazione diretta sul reddito delle persone fisiche era relativamente limitata, con aliquote che variavano a seconda del reddito, ma che raramente superavano il 15-20% per la maggior parte dei lavoratori. Inoltre, non esistevano molti dei contributi e delle imposte aggiuntive che oggi incidono sui redditi, come l’Irpef (Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche) che è stata introdotta nel 1973. Quindi un insegnante nel 1960, con uno stipendio mensile di circa 70.000-80.000 lire lorde, poteva contare su una quota significativa del suo reddito, potenzialmente intorno a 60.000-65.000 lire nette al mese, una volta sottratte le imposte e i contributi sociali.
Le auto attuali appartenenti agli stessi segmenti di 64 anni fa sono più grandi, più pesanti e richiedono un maggior numero di stipendi per essere acquistate
Missione complessa
Al contrario, oggi il sistema fiscale italiano è molto più gravoso. L’Irpef è una delle principali imposte dirette che incide sui redditi dei lavoratori dipendenti, con aliquote che vanno dal 23% al 43%, a seconda dello scaglione di reddito. Inoltre, i lavoratori dipendenti sono soggetti a una serie di contributi previdenziali e assistenziali che riducono ulteriormente lo stipendio netto. Per un insegnante con uno stipendio lordo annuo di 28.000-35.000 euro, il prelievo fiscale e contributivo può portare a uno stipendio netto mensile che si aggira intorno ai 1.500-1.700 euro.
Potere d’acquisto in calo
Se confrontiamo queste cifre, notiamo che la tassazione più leggera degli anni Sessanta permetteva ai lavoratori di utilizzare una parte maggiore del loro stipendio lordo. Anche se gli stipendi erano più bassi in termini nominali, il potere d’acquisto netto era relativamente elevato rispetto al costo della vita di allora. Oggi, pur avendo stipendi lordi apparentemente più alti, il peso della tassazione e dei contributi contrae significativamente il reddito netto disponibile, riducendo così il potere d’acquisto rispetto al passato.
Utilitarie in estinzione
Questa differenza nella tassazione e nei salari netti si riflette direttamente nella capacità di acquisto di beni di consumo come le automobili. Negli anni Sessanta, un insegnante poteva permettersi di acquistare la maggior parte delle utilitarie in listino con meno di un anno di stipendio netto. Oggi la maggiore tassazione, il costo della vita più elevato e l’evoluzione del mercato automobilistico, dal quale sono quasi sparite le citycar (le utilitarie di un tempo) rendono necessario un periodo di risparmio più lungo per acquistare un’auto equivalente. Bisogna infatti considerare anche che il segmento A si è più volte rivoluzionato, e oggi restano in listino solo 10 modelli per la città, mentre una ventina di anni fa erano molte di più e solo nel 2012 erano disponibili 26 diversi modelli.
Fonte: la gazzetta dello sport
Crescono i sacrifici
In sintesi, il contesto economico degli anni Sessanta offriva un potere d’acquisto relativamente più alto per i lavoratori rispetto a oggi, quando si considera la combinazione di salari, tassazione e costo della vita. Questo ha reso l’acquisto di beni di consumo, come le automobili, più accessibile in passato rispetto a oggi, nonostante gli stipendi lordi odierni siano apparentemente molto più alti. Se confrontiamo i prezzi delle automobili moderne con quelli del 1960 emerge che, per una serie di cause, il potere di acquisto si è ridotto. Per esempio, oggi una Fiat 500, che a dispetto della sigla può essere considerata l’erede più vicina alla storica Fiat 600, ha un prezzo che parte da 17.700 euro (vedi tabella sopra), richiedendo un numero di stipendi pari a un anno di retribuzione netta, due mensilità in più rispetto a 64 anni fa. Tuttavia, se prendiamo in considerazione altri parametri economici, come il costo degli immobili o il prezzo dei beni di prima necessità, va ancora peggio. Questo significa che, se nel 1960 l’acquisto di un’auto era relativamente accessibile per la classe media, oggi rappresenta un impegno economico decisamente maggiore, soprattutto per le famiglie monoreddito.
Premium più “accessibili”
La comparazione tra le automobili di lusso di ieri e di oggi mostra invece diverse sfaccettature, pur richiedendo come minimo cinque annualità di retribuzione di un insegnante questa tendenza. Auto come la Ferrari 250 GT, all’epoca un simbolo di eccellenza automobilistica italiana, oggi hanno come corrispettivo due diversi modelli: la Roma come concetto, e la 12Cilindri se si considera che la 250 era al vertice della gamma. Per averle servono nel migliore dei casi 166 mensilità, 263 se si punta al top, mentre nel 1960 ne bastavano 91. Però ci sono anche casi in cui, pur rimanendo inavvicinabili (visto che oltre all’acquisto bisogna pensare anche al mantenimento) alcuni modelli sono potenzialmente più “economici”. È il caso delle Bentley, con prezzi che permettono di risparmiare quasi due anni di stipendio. Mentre va peggio per auto premium meno esclusive, come testimoniano le Alfa Romeo, con l’attuale Giulia Quadrifoglio che impone l’accantonamento di 64 stipendi netti da insegnante, quando nel 1960 ne “bastavano” 43.